Santa Maria in Tempulo, un gioiello ai piedi del Celio

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Con questo breve articolo inauguriamo una serie di racconti, su tutti quei monumenti per così dire “poco noti”, che sono presenti all’interno del Parco dell’Appia Antica.

Alle pendici del Celio sorge la chiesa sconsacrata di Santa Maria in Tempulo, oggi di proprietà del Comune di Roma all’interno della quale ci si può sposare secondo il rito civile.

La toponomastica rende affascinate la storia di questo piccolo edifico, già a partire dal nome della via in cui sorge: Via di Valle delle Camene.

Il nome ricorda le quattro dee arcaiche dell’Antica Roma legate alle sorgenti: le Camene (Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta). Il toponimo permette di ipotizzare che qui vi sorgeva la “Fons Camenarum“, la fonte sacra alle Muse, le cui acque, ritenute medicamentose, venivano utilizzate dalle Vestali per la necessità del loro culto.

Il toponimo “in Tempulo” invece sembra risalire alla vicinanza della chiesa con il “Tempio di Ercole Musagete“, costruito nel 187 a.C. da M. Fulvio Nobiliore ed ornato con opere d’arte (come le statue di Ercole e delle Muse). Al tempio, di forma circolare, apparteneva anche un’area aperta, dotata di una piccola struttura rotonda identificata forse con l’Edicola delle Camene.

Le fondamenta dell’edificio risalgono al VI secolo, quando una comunità religiosa di lingua greca, di probabile provenienza palermitana, costruisce un piccolo oratorio dedicato a Sant’ Agata. Posizionato a ridosso della Via Appia Antica, questo oratorio svolgeva probabilmente la funzione di diaconia ed era quindi luogo di accoglienza dei pellegrini.

ll primo documento ufficiale che attesta l’esistenza di un “Monasterium Tempuli” risale però all’806, quando l’edificio viene saccheggiato dai saraceni e per favorire la sua ricostruzione, nel 905 papa Sergio III, emana una bolla nella quale dona al monastero alcune proprietà sulla via Laurentina, a patto però che le monache recitassero cento volte al giorno il “Kyrie Eleison” (“Signore, pietà”) ed il “Kristi Eleison” (“Cristo, pietà”).

Questa bolla è importante anche perché per la prima volta, viene menzionata la famosa icona acheropita (ovvero non dipinta da mani umane) di Santa Maria in Tempulo.

Nel 977 è documentata per la prima volta la denominazione di “Monasterium Sanctae Mariae qui vocatur Tempuli”, ma solo nel 1155 i documenti citano ufficialmente anche una “Ecclesia S. Mariae in Tempuli” a testimoniare il cambio di funzione da oratorio a chiesa. A questo periodo risale il campanile, di cui si osservano oggi, solo due lati inglobati nella muratura dell’edificio.

Con la bolla di Onorio III del 1221, la comunità di Santa Maria in Tempulo, viene soppressa e le monache trasferite in altra sede. Termina quindi la fase religiosa del complesso che viene nel 1312, distrutto e abbandonato definitivamente dopo il saccheggio di Enrico VII.

Nel 600 la chiesa di Santa Maria in Tempulo viene annessa a Villa Mattei (attuale Villa Celimontana) e trasformata in un ninfeo. Nel 700, nelle piante del Nolli, l’edificio viene infine descritto come fienile.

Fortunatamente nel 1927 Hülsen riconosce l’antico monastero, che viene salvato dalla distruzione in occasione della creazione della passeggiata archeologica che prevedeva l’abbattimento di molti edifici medievali. In questa occasione l’edificio viene consolidato con dei contrafforti sui lati nord-ovest, chiuse le aperture del fienile, eretti due muri interni con arcata ogivale e aperto un lucernario sul tetto.

Dopo il restauro, si assiste ad un cambio di destinazione: diventa infatti lo studio degli scultori Michele La Spina, Francesco Sansone e Ugo Quaglieri fino al 1985.

Dopo una decina d’anni di abbandono, la struttura viene restaurata dal sindaco Francesco Rutelli, e diventa così una delle sedi di celebrazione dei matrimoni civili.

 

Numeri utili:

Per matrimoni: rivolgersi all’Ufficio Matrimoni del Comune di Roma, in via Petroselli 50 (06/67103066)

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